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Intervista a Marco Ligabue

di Paola Dellagiovanna (testo) e Gianluca Talento (foto)

Domenica 30 maggio di fronte a un pubblico curioso al parco Maurici di Borgarello (Pavia), Marco Ligabue ha presentato il suo primo libro “Salutami tuo fratello: cronache spettinate di un rocker emiliano”. Il tormentone con cui ha avuto a che fare per anni è stato solo l’input per scrivere un libro durante il lockdown. In 33 capitoli Marco Ligabue ripercorre la sua vita travolta e stravolta anche dal successo del fratello Luciano. Sempre positivo e sorridente, racconta la scoperta dell’arte del corteggiamento e l’arrivo al traguardo di una maratona (promessa fatta alla famiglia) e racconta la vita in un’Emilia dove le feste dell’Unità erano il primo palcoscenico per molti cantanti e cantautori poi diventati famosi. Durante la presentazione Marco Ligabue ha cantato brani suoi e non solo, facendo sorridere il pubblico che prima e dopo l’incontro ha atteso di scattare un selfie e avere un autografo.

Marco ha risposto ad alcune nostre domande.

Qual è la sfida più dura, fra quelle che hai raccontato nel libro, che hai dovuto affrontare?
«Già scrivere il libro è stata una sfida difficilissima per me, perché ho sempre scritto canzoni, ma quelle sono una breve sintesi, invece il libro è una grande opera di approfondimento: descrivere luoghi, scrivere discorsi, raccontare stati d’animo (paure, gioia, imbarazzi). La vera sfida era capire se sarei stato capace anche di scrivere anche in questo modo, ad ampio raggio. E’ stata la cosa, forse perché nuova, che mi ha stimolato di più, una vera scoperta. Questa libertà mi ha permesso di andare più in profondità».

Quale è la storia che rileggendola, continua ad emozionarti?
«Sono tutte storie importanti, tutto con un peso. La storia che mi emoziono a rileggere è il capitolo della maratona. Purtroppo si era ammalato mio padre e io ho voluto portarla a termine per far vedere a lui che mi aveva trasmesso dei valori, quelli di non mollare mai, di portare le cose fino in fondo, essere tenaci, caparbi. Quindi l’idea di finire la maratona, fare una foto al traguardo e portargliela in ospedale in un momento delicato, è stato uno dei momenti più toccanti della mia vita».

Pensi a scrivere un altro libro?
«Per scrivere questo ci ho messo un anno, essendo la prima inesperienza, però la sfida mi ha stimolato. Se arriva una scintilla potrebbe accadere. Deve esserci qualcosa che scatta e mi fa pensare “Ora voglio raccontare questo”. Se avrò ancora una sensazione simile, riaccetterò volentieri la sfida».

Potrebbe dal libro nascere la sceneggiatura di un film?
«Più che un libro potrebbe starci una serie tv o una web series, perché ci sono tanti capitoli con situazioni diverse. Sarebbe interessante se qualche produttore avesse voglia di mettergli mano. In effetti, le storie sono molto visive con dialoghi e posti raccontati molto particolari e si tratta di storie vere. Per me sarebbe una bella sfida, qualcosa di stimolante».