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di info@paroleedintorni.it –
A cinquant’anni dalla pubblicazione di “4/3/1943”
(brano scritto da Lucio Dalla e Paola Pallottino)
È disponibile in libreria e negli store digitali
“DICE CHE ERA UN BELL’UOMO…
Il genio di Dalla e Pallottino”
IL NUOVO LIBRO DI MASSIMO IONDINI
PER EDIZIONI MINERVA
…CON UN INEDITO DI 50 ANNI FA FIRMATO PALLOTTINO-DALLA
la prefazione di Pupi Avati, l’introduzione di Gianni Morandi,
e le testimonianze di Paola Pallottino e di molti colleghi e amici di Lucio,
oltre a un’intervista esclusiva a “Tobia” Righi, padre putativo del cantautore
A cinquant’anni dalla pubblicazione di “4/3/1943” (brano scritto da Lucio Dalla e Paola Pallottino), è disponibile in libreria e negli store digitali “DICE CHE ERA UN BELL’UOMO… – Il genio di Dalla e Pallottino” (Edizioni Minerva), il nuovo libro del giornalista MASSIMO IONDINI dedicato alla coppia artistica formata da Lucio Dalla e Paola Pallottino.
Grazie anche alle testimonianze esclusive di Gino Paoli, Renzo Arbore, Ron, Maurizio Vandelli, Maurizio De Angelis, Vince Tempera, Angelo Branduardi, Armando Franceschini e padre Bernardo Boschi, Iondini racconta la carriera di Dalla nei primi anni Settanta, caratterizzati dal sodalizio con la storica dell’arte, illustratrice e paroliera Paola Pallottino: una breve ma intensa collaborazione grazie alla quale videro la luce canzoni come “4 marzo 1943”, “Un uomo come me”, “Il gigante e la bambina” e “Anna Bellanna”.
«Quel Festival del 1971 per la musica leggera italiana fu una vera e propria rivoluzione. Tant’è che Lucio Dalla conquistò Sanremo pur non arrivando primo. Per la sua “4/3/1943” si parlò infatti a gran voce di “vittoria morale”. Un successo a più livelli per Dalla e la quasi esordiente paroliera Paola Pallottino. – dice Massimo Iondini – Anzitutto perché la loro canzone, ripescata in extremis, era passata sotto le forche caudine della censura della Rai e dell’organizzazione del Festival: via il titolo “Gesubambino” e via alcuni importanti versi. Poi perché quell’innovativo testo portava per la prima volta in una rassegna canora di musica leggera il dramma di una ragazza madre e di un figlio della guerra. Infine, perché rappresentava il personale riscatto dello stesso Dalla, fino a quel momento lodato dalla critica ma inviso al grande pubblico per come cantava, per lo stile compositivo e per il suo aspetto trasandato da antidivo».
Tra retroscena e aneddoti degli esordi della carriera del cantautore bolognese, Iondini rivela l’esistenza di un’inedita versione dalliana del brano “La ragazza e l’eremita”, un testo di Paola Pallottino musicato nel 1994 da Angelo Branduardi, ma su cui, venticinque anni prima, aveva messo le proprie note anche Lucio Dalla.
«Con meraviglia e grande emozione ho potuto ascoltare quella vecchia esecuzione piano e voce di Dalla, incisa sul nastro di una vecchia audiocassetta. – racconta Iondini – Si tratta di un provino registrato a casa di Lucio nel 1970, che Paola Pallottino ha conservato gelosamente per tutto questo tempo e che ora per la prima volta viene svelato e raccontato».
Ad arricchire ulteriormente il libro, oltre ai numerosi scatti fotografici di Walter Breveglieri, ci sono la prefazione scritta da Pupi Avati e l’introduzione a cura di Gianni Morandi, in cui entrambi intrecciano i ricordi degli esordi delle loro carriere con quelli dell’amicizia con Lucio Dalla.
Il libro termina con uno scritto di Lucio Dalla (già contenuto originariamente nel libro “Lucio Dalla. L’uomo degli specchi” di Gianfranco Baldazzi – Minerva Editore, 2013), preceduto dal capitolo “Io, Tobia, quel padre che Lucio non ebbe”, in cui è riportata l’intervista esclusiva realizzata da Massimo Iondini a Umberto “Tobia” Righi, che per quasi mezzo secolo è stato manager, factotum e sorta di padre putativo di Dalla.
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di Ufficio Stampa RAI –
Stefano Vicario: “La sfida di un Sanremo di cui ‘vedere’ il calore”
“Non nego che più che mai, quest’anno, la regia del Festival sia una sfida, a partire dall’assenza del pubblico all’Ariston. Ma cercheremo di far diventare anche questa un’opportunità perché, ad esempio, la contrazione dello spazio fa sì che riusciamo ad avere più agio nella ripresa: i carrelli delle camere in movimento si sono allungati, la scena è diventata più grande, l’orchestra si è ‘allargata’ per mantenere il distanziamento. Tutto questo ci consentirà di non far sentire il teatro vuoto, che è la nostra sfida più grande: il pubblico è a casa, ma c’è e trasmette calore. Una voglia di superare la barriera fisica delle mura dell’Ariston – come faremo ad esempio con la telecamera posta all’esterno che ‘entrerà’ nel teatro – che diventerà concreta e visibile e per la quale abbiamo lavorato a lungo con Maria Chiara e Gaetano Castelli per la scenografia e con il direttore della fotografia Mario Catapano per le luci”. Così Stefano Vicario, che torna a firmare la regia del Festival di Sanremo, racconta come cercherà di fare “entrare” il pubblico all’Ariston. Sarà anche l’occasione per sperimentare e “rischiare”, dice: “Per la prima volta – continua – utilizzerò una doppia camera sulla stedycam che si muove intorno al cantante. Nelle riprese musicali, gli stacchi delle inquadrature seguono il ritmo musicale, come se ‘battessero il tempo’, mentre con la steadycam il linguaggio delle immagini fa segnare una rottura, quasi una mancanza di sincronia. Ho pensato, allora, che avere due punti di vista, due camere – una larga e una stretta – sullo stesso asse, mi permettesse di dare una dinamicità alla ripresa molto più forte, recuperando anche il ritmo musicale. E per la prima volta utilizzeremo due operatori steady, Tony Buonaurio e Manuel Sperduti, che si daranno il cambio, vista anche la lunghezza dello spettacolo, ma in qualche occasione saranno presenti contemporaneamente. Forse è rischioso, ma ci proviamo, per dare anche nuances diverse, per evitare il rischio dell’“usura” della ripresa dello spettacolo. E per trasmettere quello che resta l’obiettivo al quale tutti insieme, con le grandi professionalità Rai, vogliamo arrivare: un ‘calore’ capace di essere più forte di questa distanza forzata e forzosa”.